La Mucca di Ken, per quanto le mie carenti conoscenze zoologiche possano dire, sembra una mucca a posto; ha tutto quello che è richiesto alla sua specie: quattro zampe, giganteschi e acquosi occhi bovini, due orecchie, una coda. Ha manto beige, non è ancora molto grande, credo sia una mucca adolescente, e dicono goda di ottima salute. La prima volta che l’ho incontrata era leggermente irritata, ma per motivi decisamente comprensibili: l’avevano appena spostata in una nuova casa, non aveva nemmeno avuto il tempo di guardarsi intorno che subito si era ritrovata attorniata da almeno dieci estranei che scattavano foto, commentavano la sua forma fisica e le facevano ombra. Chiunque avrebbe trovato la situazione quanto meno seccante.
Si era appena svolta la cerimonia di Care the People e del suo parner locale DAFU, per la consegna di 70 borse di studio e 10 mucche a famiglie che necessitano una fonte di reddito: prima i bambini hanno ricevuto uno ad uno le borse di studio, e poi è avvenuta la consegna delle mucche. Per ragioni logistiche e mancanza di aspirazioni scenografiche le mucche non sono state disposte sul palco ma portate direttamente ai destinatari. Solo due fortunate mucche erano presenti in cortile per essere immortalate mentre uomini in completo nero le consegnavano ad imbarazzati contadini.
La prima cerimonia per la consegna delle borse di studio a cui ho assistito ha avuto una lunga introduzione cantata. Ci trovavamo di fronte alle casse e per mezz’ora siamo stati deliziati da incomprensibili performance di artisti locali e amatori. Da allora ogni volta che andiamo ad una cerimonia ufficiale mi guardo in giro con terrore, cercando di capire se ci sarà o meno qualcuno il cui compito è allietarci con la sua potente ugola. Causa problemi tecnici, purtroppo questa volta lo spettacolo è annullato. Abbiamo dovuto accontentarci dei bambini.
La Mucca di Ken è parte di questo progetto di donazioni. Dieci famiglie ricevono circa 12 milioni (431 €) per comprare una mucca. La Mucca di Ken prende il nome dal suo finanziatore il cui nome, come alcuni intelletti particolarmente acuti avranno sospettato, è Ken.
Come parte della cerimonia la delegazione di Care the People e quella di DAFU dopo la consegna delle borse di studio si recarono a casa della famiglia della Mucca di Ken, a cui era stato portato l’animale la mattina. Una quindicina di persone andarono ad ammirare la mucca e consegnare alla famiglia un assegno. Erano presenti Enzo e la sua famiglia, tre visitatori dall’Italia, tre dipendenti di Care the People, Il presidente di DAFU e quattro colleghi.
La famiglia della Mucca di Ken è particolare. I suoi vicini di recinto sono una famiglia di maiali, mamma e tre cuccioli; il gallo dei vicini sembra bazzicare spesso con loro, incurante della rete che divide le proprietà. Per quanto riguarda gli essere umani, ce ne sono 5: la Nonna, la Madre, la Zia, la Figlia e il Figlio.
La stalla della Mucca è un recinto in legno, coperto da un tetto di travi e da un telo di plastica per ripararla dalla pioggia. Nel recinto più vicino è conservato il suo cibo, ed alla sua sinistra ci sono i maiali. Il posto per gli umani è un edificio in calcestruzzo, grigio. Dal recinto si può vedere il bagno calcestruzzo, grigio. Un buco nel bavimento e una vasca in calcestruzzo, grigio. Tra il recinto dei maiali e l’orto c’è la cucina. All’aperto. Una pentola su un fornello da campo e un tettuccio in legno. In casa ci sono tre stanze; l’entrata con un tavolo, due sedie e un letto in legno senza materasso. Sul restro ci sono le altre due stanze, più piccole. La prima, che funge anche da ripostiglio e straripa di vestiti, bidoni e oggetti non meglio identificati è la camera della Figlia e del Figlio. L’altra ha solo un letto ed è dove la Nonna e La Zia dormono. Non ci sono materassi, ma solo stuoie.
Ho incontrato la Mucca di Ken altre due volte. Siamo tornate a chiedere alcuni documenti e per avere il numero dell’uomo che gli ha venduto la mucca e informarci in caso ne avesse altre da vendere. Potrebbe sembrare una cosa rapida ed indolore, del genere risolvibile con una telefonata. Ma siamo in Vietnam, le cose semplici sono trappole che conducono a labirinti di complicazioni.
Nel primo pomeriggio arrivammo, in cerca della Zia. O della Figlia. Ovviamente nessuna delle due si trovava in casa. Ci ha diede il benvenuto la Madre, una donna molto dolce ed accogliente; ci fece accomodare nella veranda, in calcestruzzo, grigia, e si sedette sorridente di fronte a noi. Ha i capelli tagliati in un perfetto caschetto, degli enormi occhi marroni ed il labbro inferiore leggermente più grande di quello inferiore, che copre perennemente. Comprendere quello che ci vuole dire presenta alcune difficoltà: la signora è affetta da un disagio mentale ed ha il suo personale modo di comunicare. Con un suo proprio linguaggio dei segni ci fa sapere che la Zia e la Figlia sono fuori e non sa quando torneranno.
La Zia, unica fonte di reddito della famiglia, lavora come salariata in un campo, a volte con l’aiuto della Figlia. La ragazza ha una borsa di studio di Care the People, ed è bravissima a scuola, soprattutto in matematica, la sua materia preferita. Da grande vorrebbe fare l’insegnante.
Dopo lunghi minuti di risatine, sorrisi e occhiolini la Madre si alzò, andò nella stanza sul retro e tornò con l’ottuagenaria, cieca Nonna affetta da demenza senile. È magrissima, con la pelle ramata, un viso serio ed un’espressione smarrita. Il pomeriggio ciondolò lentamente tra il caldo soffocante, un saluto alla mucca, e molte tazze di thè. La situazione venne sbloccata da un inatteso salvatore; un vicino di casa avente un telefono per rintracciare le assenti, che in venti minuti ci raggiunsero.
E li ebbero inizio le nostre tribolazioni.
Stavamo solo chiedendo il numero dell’uomo delle mucche, una minuscola, innocua, semplice sequenza di otto cifre. Invece trovammo un secondo vicino, che aveva il numero di un terzo vicino, che aveva il numero di un quarto vicino che forse aveva il numero dell’uomo delle mucche. O di un suo parente.
Molte telefonate e qualche thè più tardi riuscimmo ad avere un appuntamento in centro, di fronte al banchetto di canne da zucchero. E la incontrammo Lui. Non l’allevatore della mucca ma una figura nuova, moderna, rivoluzionaria. L’Agente delle Mucche. Colui che trova compratori e venditori e organizza l’affare. Ci disse che per qualsiasi affare di mucche, lui era l’uomo giusto.
Ma l’Agente delle Mucche non è l’unica chicca offerta dalla Mucca di Ken.
La figlia di Enzo e Tam, Chiara, è una cantante molto famosa in Vietnam. Spesso capita che venga riconosciuta da emozionati fan per strada o in situazioni meno appropriate. Come da copione, durante la visita alla mucca, subito dopo le foto di rito all’animale e con esso, l’attenzione della delegazione vietnamita si concentrò sulla nostra piccola star. Un gruppetto di adulti emozionati come ragazzini si misero in fila per farsi fotografare con Chiara, totalmente incuranti del discorso che si stava svolgendo a pochi metri da loro, della famiglia e del quadrupede per il quale ci trovavamo tutti là. Davanti allo stesso cancello e nella stessa posa in cui si erano fatti riprendere con la Mucca, si fecero fare una foto con la bambina – cantante.
Non si usa più sviluppare le foto, ma mi sono chiesta che faccia avrebbe fatto un eventuale fotografo ritrovandosi con due fotografie uguali, stesso luogo, stesse pose, stessa luce, stessi abiti, , ma in una versione moderna del principe ranocchio, una mucca si trasforma in una cantante da una foto all’altra.
Forse è proprio da queste situazioni surreali che nascono le favole.
Giulia Alberti